Latteria di Alleysin, fondata nella forma attuale con la stessa sede di oggi nel 1911 per opera soprattutto di Ferdinand Blond. I soci erano 58 tutti abitanti nelle vicinanze perchè di buona regola era necessario che il latte giungesse in latteria ancora tiepido e non troppo sbattuto.
Saint-Pierre di Cerutti-Borney-Ceriano Musumeci editore
L’origine del Priorato di Saint-Pierre è incerta, tanto da aver generato discussioni e parecchi equivoci. Una tradizione antica, ma acritica e non basata su documenti, riteneva di poter far risalire la fondazione del “Prieuré de Saint-Jacqueme de Chatel-Argent” al V secolo, ad opera dello stesso S. Giacomo (Saint-Jacqueme), primo vescovo di Tarantasia (inizio del V secolo d.C.). Una storia lunga, da leggere, che dura da secoli. Oggi il Priorato ospita i sacerdoti anziani: con cappella e sale proprie ed accoglie gli ospiti: con camere singole, due saloni per riunioni, due biblioteche, due sale da pranzo e cappella privata.
https://www.priorato.it/un-po-di-storia
Nel mese di ottobre 2005 i lavori di scavo per le fondazioni di un complesso condominiale in costruzione nella località Ordines (Saint-Pierre) mettevano in luce un consistente ed esteso giacimento archeologico preistorico. La rilevantissima importanza archeologica dell'area della collina detta Chatelet a Saint-Pierre risulta pertanto attualmente comprovata dalla presenza di abitati del III millennio (Età del Rame, sommità e lato occidentale), di abitati del Il millennio (Età del Bronzo, lato orientale e meridionale) e di necropoli del I millennio (Età del Ferro, lato occidentale).
Franco Mezzena "Insediamento preistorico in località Ordines (Saint-Pierre)"
https://www.regione.vda.it/allegato.aspx?pk=32400
A soli 2 km dal Castello, a 800 m. di altitudine, si trova Etavel, uno dei villaggi più belli e più popolati della collina di Saint-Pierre. “All’entrata del villaggio, verso ponente, proprio sulla strada comunale, si trova la cappella dedicata a “Notre Dame des Douleurs” (M. Addolorata). Fu costruita nel 1960 per volontà del Rev. J.B. Lale, parroco di Villeneuve. Nella cappella c’è un dipinto che lo ricorda...Sulla facciata, anticamente, erano dipinti i quattro evangelisti, ora c’è solo una croce”.
Persod Maria Angela in “Villaggi di Saint-Pierre” di Vanda Champrétavy – Castelli di cultura- Supplemento n.3 di “Melange” – 2006
Lors des travaux d'agrandissement d'une maison au lieu dit Villette de Vetan, à 1800 m environ d'altitude, on a découvert un dépôt stratigraphique pratiquement intact à proximité d'une aire qui avait déjà fait l'objet d'investigations dans le passé. En effet, des trouvailles occasionnelles et des campagnes de fouilles effectuées par la Surintendance au cours des années 80 du XX• siècle sur la propriété Bottino avaient mis au jour des vestiges assez importants d'une construction de l'époque romaine, composée de plusieurs pièces délimitées par des murs de pierres, avec des fours et des foyers. Les recherches effectuées pendant l'été 2007 ont mis en lumière à une vingtaine de mètres au Sud de cette aire un niveau de sol (US 1) riche en fragments céramiques et - probablement - en résidus de la combustion, qui était délimité au Sud par un gros tas de pierres. Pour le moment aucun élément ne permet de définir les caractéristiques d'une implantation humaine à cette altitude, mais elle pourrait se rapporter à l'élevage saisonnier ou, peut-être, à l'extraction de minéraux.
P.FRAMARIN – A.ARMIROTTI "LES NOUVELLES DONNÉES SUR LE SITE ROMAIN EN ALTITUDE DE VETAN" (SAINT-PIERRE) ESTRATTI DA SCHEDA 131
https://www.regione.vda.it/cultura/pubblicazioni/bollettino/n_4/default_i.aspx
L’attuale chiesa parrocchiale di Saint-Pierre è stata edificata negli anni 1871-1872, in seguito alla demolizione di quella precedente di origine medievale. I fratelli Alessandro e Augusto Artari hanno decorato, nei primi anni del Novecento, sia la facciata esterna che l’interno (la volta e l’altare maggiore in marmo bianco, dove hanno raffigurato l’Ultima Cena, gli Evangelisti e alcuni santi valdostani). La tinteggiatura della facciata nel tempo si è fortemente compromessa. Nel mese di giugno 2011 sono stati effettuati i lavori di rifacimento della decorazione pittorica, riproponendo in parte quella di inizio Novecento e si è operato il restauro della scena di Gesù che cammina sulle acque e chiama san Pietro dipinta sopra il portale d’ingresso. “Chiesa parrocchiale di Saint-Pierre – Rifacimento delle decorazioni della facciata.”
VALLET V.M. /CUAZ N. Bollettino Soprintendenza per i beni e le attività culturali n.8/2011 - Pdf 204 https://www.regione.vda.it/cultura/pubblicazioni/bollettino/n_8/pdf_i.aspx
A Saint-Pierre esisteva un “campo santo” ad est della cappella dei penitenti (trasferito verosimilmente alla fine dell’ottocento). In una nota vergata a mano senza data “Comune di Villanova Baltea – concessione sepolture private in Saint-Pierre“ è presente la seguente descrizione: “1874 richiesta di ampliamento cimitero – Vierin“. Tale annotazione è da intendersi riferita, con alta probabilità, al cimitero sopra citato. In un’altra nota si riporta “1890 nuovo cimitero” e tale luogo viene menzionato in carte successive come vecchio cimitero con quattro campi e ampliamenti negli anni recenti e realizzazione del nuovo cimitero. Al centro dei quattro campi vi è un cippo con quattro lapidi, tre delle quali si riferiscono probabilmente alla stessa persona, l’arciparroco Roux. Una nota in archivio parrocchiale riporta: "Thomas Francois Roux natif d’Arvier, mort dans le 1854 a Saint-Pierre. Un modeste monument a été élevé sur sa tombe par initiative de son vicaire Gavard. Le monument a été transorté au cimetiè actuel en 1916 pour y abriter le caveau destinè a recevoir les ossements de l'ancien cimitère.".
TOURNOUD Franco: Archivi comunali e parrocchiali.
Dalla vetta del Monte Fallere a tremila metri di quota lo sguardo apre sul Monte Bianco, il Gran Combin, la Grivola e altre cime delle Alpi Graie e della Alpi Pennine. Le sue pendici, tra la valle del Gran San Bernardo e la Valdigne, erano già frequentate dall’uomo nel Tardo Neolitico, 5600 anni fa. È qui che le ricerche hanno individuato il più antico pascolo di alta quota finora documentato sulle Alpi, mantenuto attivo per millenni. Polline, spore fossili, frammenti di carbone e nutrienti, estratti dai sedimenti delle Crotte Basse, una torbiera a 2350 m di quota, testimoniano la distruzione di foreste millenarie di pino cembro e abete bianco e indicano la presenza di insediamenti stagionali preistorici. Infatti, a poca distanza dalla torbiera, il sito archeologico di maggior interesse ha restituito anche le vestigia di una capanna dell'Età del Rame, con tracce di focolari, una struttura costituita da elementi lapidei interpretata come un muro a secco, un'ascia in pietra verde levigata e industrie litiche in cristallo di rocca. Un risultato eccezionale riconosciuto a livello internazionale dalla rivista scientifica Journal of Ecology che dedica alle ricerche sul Monte Fallère la copertina del numero di novembre 2017.
https://archeologiavocidalpassato.com/2017/11/03/preistoria-scoperto-in-valle-daosta-alle-pendici-del-monte-fallere-il-piu-antico-pascolo-in-quota-dellarco-alpino-le-ricerche-di-idpa-cnr-soprintendenza-universita-di-ferrara-mi/
I signori De Saint-Pierre (De Sancto Petro o De Castro Sancti Petri) apparvero sulla scena della storia valdostana alla fine del XII secolo, aderendo alla carta di franchigie che il conte Tommaso I di Savoia concesse agli abitanti di Aosta verso il 1191. I discendenti abitarono per secoli il pittoresco castello che sovrasta il paese, restaurato con gusto neogotico dal barone Bollati alla fine dell’Ottocento. I De Saint-Pierre portavano uno scudo d’argento, a due crocette patenti poste in palo, di rosso, accostate da due chiavi addossate dello stesso. Il Comune ha ripreso il loro stemma, variando soltanto il colore di una delle crocette e introducendo il nero (colore del campo nello stemma del Ducato di Aosta) accanto al rosso, in modo da ottenere la bicromia propria della bandiera della Regione. (estratto da nota J.Rivolin) Il nostro Comune ha adottato l'agionimo francese di San Pietro come identificativo. L’emblema tradizionale del Santo sono le chiavi del cielo e della terra, una d’oro e una d’argento. Ma essendo lo scudo di Saint-Pierre d’argento (metallo araldico rappresentato in bianco) non si poteva, secondo la regola araldica, porre figure di “metallo” su metallo; per cui sono stati adottati i colori tradizionalmente connessi al Ducato di Aosta: nero e rosso, come per le due crocette patenti al centro dello scudo. (estratto da nota M. Ghiraldi) https://www.araldicacivica.it/comune/saint-pierre/
La carenza d’acqua nel Comune di Saint-Pierre si fece più grave dopo il 1850 quando il clima ritornò più caldo e più arido. Iniziò allora a farsi spazio l’idea di un progetto ambizioso: captare le acque dei torrenti dell’envers e farle attraversare la Dora Baltea e ascendere sino alla siccitosa collina. Le “Grand Canal de Saint-Pierre-Villeneuve” fu realizzato parecchi anni dopo “Finalement en 1912 les pratiques techniques et financières étant achevées le Conseil d’amnistration mit les travaux à l’enchère”. A primavera del 1924 le acque del Savara, scavalcata la Dora, poterono risalire la bassa collina: “Maintenant l’oeuvre est achevée. Elle a coûté trente ans de luttes, des efforts gigantesques qui n’ont pas toujours été secondés. Notre reconnaisence, ainsi que celle de nos arrières-neuveux, est de droit acquise aux hommes à la claire intelligence, à la volonté tenace qui ont concouru à réaliser ce “miracle” de l’hydraulique moderne.
Le Messager Valdotain - Almanach Illustré 1924 – pag.42 e succ. – Saint-Pierre- Cerutti-Borney-Ceriano Musumeci 1993
“Ni haine, ni oubli” è una scritta incisa su una delle lapidi collocate nel Parco della Rimembranza di Saint-Pierre. Il luogo di culto e della memoria è stato inaugurato il giorno 29 ottobre del 1967 nell’area antistante alla curva della strada statale dove il 7 settembre del 1944 i tedeschi avevano effettuato una rappresaglia e fucilato otto civili in età compresa fra i 20 e 54 anni. “Il pregio della localizzazione è accresciuto dal fatto, sottolineato da Severino Caveri presidente della Giunta regionale, di essere lungo una strada che con il traforo del Monte Bianco, da poco inaugurato, ha assunto ora l’importanza di una arteria attraverso cui scorre il traffico internazionale e che collega direttamente la Valle d’Aosta alla Savoia, che al momento della liberazione della Francia, nell’agosto del 1944, aveva trovato nel maquis valdostano un valido ed immediato sostegno.” Alla realizzazione dell’opera contribuì anche il governo nazionale e fu finanziata dalla Giunta regionale della Valle d’Aosta. Gli autori furono l’architetto Gianfranco Bellone, per il monumento in marmo e il professore Rolando Robino per il monumento in pietra. La lapide dedicata ai fucilati di Saint-Pierre fu collocata originariamente lungo la statale n.26 sotto il Castello di Saint-Pierre e inaugurata il 4 novembre 1950. In seguito fu spostata nel Parco della Rimembranza. Il complesso monumentale è stato oggetto di diversi atti vandalici.
"Silens Loquor" Cippi, lapidi e monumenti a ricordo dei partigiani e dei civili morti nella Resistenza in Valle D’Aosta 1943-1945. D.G. Jon e M.Alliod – Le Chateau 2007
Nel periodo feudale i governanti comunicavano con il popolo attraverso “les cries” (adunanze indette oralmente) e i “Bamps” (bandi o avvisi) che consistevano nella lettura degli avvisi per più domeniche successive sul piazzale della chiesa all’uscita della messa solenne. Il bando poi veniva esposto all’albo pretorio. Tale forma di pubblicazione degli avvisi fu tenuta in uso fino alla seconda guerra mondiale. Le adunanze del popolo avvenivano sul piazzale della chiesa o nella cappella della congregazione religiosa dei penitenti. Con l’istaurazione del sistema comunale, laico quindi, si adattarono dei locali per il municipio dove svolgere le attività inerenti l’amministrazione. Nel periodo del fascismo vari comuni furono aggregati fra loro e quindi il nostro municipio fu soppresso. Con la ricostruzione democratica fu ricostituito il Comune di Saint-Pierre e la prima sede degli uffici fu posta nel castello.
Tratto da I. Ceriano “Edifici pubblici per la comunità”. Saint-Pierre – Cerutti-Borney-Ceriano- Musumeci editore
Il 15 aprile 1913 muore Monsieur Bochet Joseph di 40 anni, nato a Saint- Pierre, direttore d’Hotel a Londra. Nei ricordi del tempo Joseph era un punto di riferimento per ogni valdostano che si fosse recato oltre Manica in cerca di lavoro. “Dans sa maison, rendez-vous des Valdôtains, la nostalgie du pays disparaissait comme par enchantement. Sa brillante position de directeur d’hôtel-restaurant lui permettait d’aider les Valdôtains qui avaient besoin de ses conseils et de son appui.” La notizia della morte venne data dal fratello della vittima, François, mediante una comunicazione al giornale Mont Blanc del 21 aprile: ”C’est avec les yeux plein de larmes et le cœur brisé de tristesse que je vous écris ces quelques lignes pour vous faire part de la douloureuse nouvelle de la mort de mon cher frère Joseph Bochet parmi les victimes du Titanic.” Oltre cent’anni fa il dramma del naufragio e inabissamento del transatlantico Titanic, in cui persero la vita 1518 persone compresi i membri dell'equipaggio, sconvolse il mondo intero.
Messager Valdôtain 1913- Messager Valdôtain 2013 - O.Borettaz
All’inizio del novecento i villaggi di Chantel, Rumiod di sotto, Rumiod di mezzo, Rumiod di là e Rossan, situati della splendida conca a circa 7 km dal borgo di Saint-Pierre, erano molto popolati. Esistevano due scuole, quella dei maschi (4 classi e 18 alunni) e quella delle femmine (3 classi e probabilmente altrettante alunne). La scuola, così come la latteria, aveva la sua sede a Rumiod di mezzo. La latteria aveva 42 soci, ogni villaggio aveva il forno comunitario; vi erano poi due mulini ad acqua, uno a Rossan ed uno privato a Rumiod di là. Vicino alle case quasi ogni famiglia aveva un piccolo appezzamento di terreno per coltivare la canapa che veniva fatta macerare in una fossa. Veniva poi spezzata, cardata e filata ed in seguito portata a Valgrisenche per la tessitura. La principale attività era l’agricoltura. Si coltivavano segale e frumento alternato a patate e alcuni avevano delle vigne, più in basso a Champrétavy. Le famiglie erano numerose e molti giovani erano costretti ad emigrare per fare gli spazzacamini a Lione e Marsiglia.
Tratto da “ MEMORIE Villaggi e personaggi di Saint-Pierre” V. Champrétavy – Supplemento n. 3 Melange 2003
Tra le vestigia del glorioso passato di Saint-Pierre spiccano il castello di Saint-Pierre e a poca distanza dallo stesso il castello dei Sarriod de la Tour. Due dei tanti castelli che troviamo disseminati su tutto il territorio della regione e che costituiscono un elemento caratterizzante del paesaggio valdostano.” …la trapuntata distribuzione dei castelli lungo il principale solco vallivo della Dora Baltea, ha da sempre prodotto l’idea che esistesse una fitta rete di luoghi fortificati, tra loro visivamente collegati. Tale densità è stata spesso travisata riconducendola a una precisa scelta progettuale per la quale si è addirittura arrivati a parlarne come di una strutturata “poligonale di osservazione”. L’immagine attuale così fossilizzata conduce il semplice osservatore a stereotipare il fenomeno, leggendovi unicamente un continuo succedersi di castelli strategicamente disposti sulle due sponde orografiche della Dora Baltea. In realtà la loro dislocazione è legata a criteri differenti e, se si vuole, molto meno militari. Quasi ogni conoide di deiezione delle valli afferenti, o aree sfruttabili dal punto di vista agricolo, o ancora ampi terrazzi lasciati dall’infossamento dell’alveo della Dora, hanno costituito luoghi eccellenti per allestire strutture incastellate poiché tali territori garantivano un ritorno economico attraverso l’attività agricola praticata dalla popolazione asservita. La posizione della fortificazione, salvo qualche rara eccezione, aveva un preciso scopo ostentatorio, doveva cioè essere visibile dalla popolazione e dai viaggiatori, rovesciando quel concetto del controllo e della comunicazione tra castelli, luogo comune assai abusato, per divenire esibizione di se stesso, della sua autorità e delle sue qualità architettoniche, il castello cioè non doveva vedere ma essere visto. La scelta del sito da fortificare, pur rimanendo oltremodo valida la preferenza per luoghi arroccati e facilmente difendibili, trovò all’interno del territorio regionale tratti distintivi secondo il momento cronologico e la congiuntura politica”.
Tratto da M. CORTELAZZO - La metamorfosi di un paesaggio alpino: l’incastellamento valdostano tra X e XIII secolo. BULLETIN D’ETUDES PREHISTORIQUES ET ARCHEOLOGIQUES ALPINES publié par la Société Valdôtaine de Préhistoire et d’Archéologie - 50ème anniversaire de la Société 1967 – 2017
Nel corso dell’anno 1934 venne aperta la fermata della stazione ferroviaria di Saint-Pierre, formalmente attivata il 1°gennaio 1937. “Grace à Dieu et à la générosité des bons l’année 1937 aussi a étée féconde en œuvres de bien. On a obtenu l’arrêt du train et ce n’est pas chose de peu importance ”. Come riporta il Messager Valdôtain di quell’anno, molti furono però gli interventi realizzati grazie alle donazioni: ”on a placé au clocher un magnifique horloge à trois cadrants dont le central est lumineux, le tout sorti des ateliers de la Ditta Miroglio de Turin, l’interieur du clocher a été complètement remis à neuf. L’église a étée aussi l’objet d’embellissements trés importants: l’autel de la Sainte Vierge, les balustrades des deux chapelles, le baptisté sont autant d’œuvres d’art que la Ditte Martinelli d’Ivrée a voulu exécuter tout en marbre blanc de Carrare. A ces travaux si remarquables vinrent s’ajouter quatre jolies peintures représentant au baptistère le baptème de Jesus, à la Chapelle de la Sainte Vierge, la Présentation, les Epuosailles et l’Assomption de Marie au Ciel. Ces travaux sont dus au pinceau du Prof. Jules Carlo de Genes. La ditta Brunod d’Aoste plaça un merveillleux parquet aux deux chapelles et confectionna huit bancs en noyer. Après cela, il est bien permis d’appliquer aux Saintpierrolais ces paroles de la Sainte Ecriture: “Le zéle de la maison de Dieu me dévore“ car, on sait que dans ces dernières années les habitants de Saint-Pierre ont consigné à leur Curé pour l’église et les chapelles l’impressionante somme de L.200.000”.
Messager Valdotain 1937
L’esistenza della nobile famiglia Sarriod, legata politicamente ma non da vincoli di parentela ai signori di Bard, è attestata fin dal XII secolo. Rimangono comunque oscure le origini del castello, situato a Saint-Pierre in una zona pianeggiante a poca distanza dalla strada statale.
L’impianto più antico comprendeva la cappella e la torre centrale a pianta quadrata (donjon) circondata da una cinta muraria, configurazione tipica dei castelli valdostani risalenti al X-XII secolo. Nel 1420 Jean Sarriod fece costruire, dove già esisteva la torre denominata fin dal XIV secolo “turris Sariodorum”, un vero e proprio castello con funzioni di rappresentanza mediante l’aggiunta di una serie di corpi al donjon preesistente. A questo intervento risalgono la realizzazione della scala a chiocciola della torre (viret) e l’inserimento delle finestre crociate in pietra da taglio caratteristiche del Quattrocento valdostano. Nel 1478 il figlio di Jean, Antoine Sarriod de la Tour, trasformò la cappella intitolata alla Vergine e a San Giovanni Evangelista, occasione in cui furono realizzati gli affreschi esterni con la Crocifissione e San Cristoforo e fu elevato il piccolo campanile. Nell’ala nord, al piano terreno, si apre un vasto locale di servizio con copertura in legno; al primo piano è situata la cosiddetta “sala delle teste”, che prende il nome dalla decorazione del soffitto ligneo. Nel tardo XV secolo la cinta muraria venne munita di torri difensive a pianta circolare e semicircolare e fu aperto sul lato orientale il nuovo ingresso al castello con portale a sesto acuto e archivolto scolpito recante lo stemma dei Sarriod. La discontinuità fra le quote di livello nei vari ambienti attesta i diversi interventi succedutisi nei secoli successivi. Nel XVI secolo sorse l’ala che oggi costituisce il prospetto orientale, la torre all’angolo nord risale al XVII secolo e alcuni frammenti di pitture murarie e un camino in stucco sono della prima metà del ‘700.
Il castello rimase di proprietà dei Sarriod de la Tour fino al 1923 quindi passò alla famiglia Bensa di Genova. Dal 1970 appartiene alla Regione autonoma Valle D’Aosta.
https://www.lovevda.it/it/banca-dati/8/castelli-e-torri/saint-pierre/castello-sarriod-de-la-tour/901
Les Branche devraient être originaires, en principe, du Valdigne et, dans les détails, de Pré-Saint-Didier; cependant, une tige de celle-ci s’est installée à Saint-Pierre – on ignore la période – et, à cheval entre la fin du XIX et le XX siècle, constituait, de par la nombreuse descendance et pour les fonctions exercées, l’une des familles parmi les plus importantes de cette commune. Nella rivista LO FLAMBO’ n. 3 dell’anno 2019 viene dato rilievo alla storia di questa famiglia e, tra le diverse informazioni, ad un necrologio del 30 giugno 1979: “- SAINT-PIERRE Décès d’une bonne Valdôtaine - Nous avons appris avec retard le décès, survenu le 27 janvier, de Mlle Bernadette Branche, âgée de 87 ans, dernière survivante de la nombreuse famille (9 enfants) de César Branche, ancien secrétaire communal et chef toujours regretté de la chantrerie de Saint-Pierre. Mlle Branche était partie puor les Etats-Unis vers l’age de 20 ans, là elle avait enseigné le français aux enfants de plusieurs familles haut placées. Quand elle est rentrée au pays après une absence d’un demi-siècle, elle a trouvé tout changé et elle n’en revenait pas. Fortement attachée aux traditions, elle s’est toujours refusée d’employer l’italien pendant deux ans qu’elle à vécu à Aoste (au Pensionnat Galeazzo). Malgré son grand âge, elle lisait beaucoup et se tenait au courant de ce qui passait dans le monde et surtout en Vallée d’Aoste. Toujours, et comme par instinct, elle se rangeait du côté des opprimés contre ce qu’elle appelait “la mafia”. Elle a voulu être enterrée dans le tombeau de famille à Saint-Pierre, son cher pays natal, dont elle avait toujours gardé un bon souvenir.”
Estratto da rivista Lo FLAMBO’ – LE FLAMBEAU – 66e année – n.247 - 3/2019
Molti autori valdostani, basandosi soprattutto sulla tradizione orale, si sono interessati al problema della viabilità ai tempi dei Salassi e hanno cercato di fornire un quadro il più possibile vicino alla realtà. Molti hanno messo in dubbio il valore della tradizione orale, o della leggenda, nel processo di ricostruzione storica pur essendo “bien clair que la tradition orale, et souvent la légende, ne nous disent pas tout, et nous entrainent bien souvent sur des sables mouvants. Gare à leur accorder trop de crédit sans les soumettres préalablement, toutes les fois que cela est possible, à la preuve expérimentale, mais rien n’est vraiment inutile en ce monde, de la chose la plus modeste on peut toujours tirer un enseignement, une leçon, une vérité appréciables. Les Romains n’ont quand même pas trové désert notre pays”. Lo storico Tibaldi (metà ottocento – inizio novecento) così affermava: “Si assodò che una strada salassa poneva in comunicazione la parte superiore della valle (Valdigne) colla centrale. Essa s’inerpicava sugli acclivi di Chesallet, saliva sui colli di Sarre, s’inoltrava negli altipiani di Saint-Pierre et Saint-Nicolas e scendeva oltre Avise e l’impraticabile forra di Pierre-Taillée di La Salle”. Ignoriamo ove Tibaldi abbia tratto queste informazioni e su quali elementi si basasse per attribuire l’esistenza di questa strada ad un’epoca cosi’ lontana. "De toute façon, en voici un itinéraire un peu plus précis, en prenant comme poteaux indicateurs les villages actuels: Gran-Cre, Clout (827 m), Vareille (1058 m), Belun (1322 m), Homené (1448 m) Verrogne (1582 m) Vetan (1671 m) Vedun (1525 m) Charvaz (1512 m) Challancin, Morge (1625 m)". Cette voie de communication salasse a-t-elle réellement existée?
Tratto da Société Académique – Religieuse et scientifiche du Duché d’aoste – Quarante-et-unième bulletin - 1964
Il motivo che mi ha spinto a svolgere una ricerca di storia sociale sul mio paese, deriva dal mio interesse verso il cosiddetto particolarismo valdostano. Per individuare gli elementi di questo particolarismo ho utilizzato il metodo della storia orale, anche perché è il metodo più sperimentato dagli antropologi e storici sociali. Il fatto che sia stato sperimentato non vuol però dire che al momento in cui ho realizzato la mia ricerca, negli anni 1976-77, ci fossero molti modelli a cui rifarsi. Anch’io ho iniziato un colloquio con alcune persone anziane del mio paese (St-Pierre). A differenza di altri aspetti (religiosi, concezione del tempo, fatalismo, immigrazione ed emigrazione), le informazioni raccolte sulla vita familiare collimano perfettamente tra di loro "risulta pressoché identica per tutti gli informatori, o meglio per la stragrande maggioranza della gente, ad eccezione dei ricchissimi e dei più poveri. Il lavoro infantile quale supporto alla povera economia familiare, accanto alla scolarizzazione diffusa almeno fino a dodici-quattordici anni appaiono fenomeni generalizzati. L’allevamento di almeno due o tre mucche per il fabbisogno immediati e la contemporanea dedizione a pratiche agricole molteplici (lavorazione della vite, coltivazione a foraggio, coltivazione di alberi da frutto), sono da considerare fatti del tutto consueti, così come l’utilizzo del ricavato della vendita di una bestia, solitamente ripartito per pagare tasse e per acquistare quei beni non immediatamente deperibili. Questi e molti altri aspetti sembrano effettivamente costumi diffusi e radicati ad ogni livello tra la popolazione del paese”.
Estratto da E. Battistioli "Aspetti della cultura popolare valdostana attraverso la lettura delle fonti orali" - In Questioni di storia della Valle d'Aosta contemporanea: quaderno di ricerca e documentazione anno 1981 numero unico - a cura Istituto storico della Resistenza in Valle d'Aosta
“Quando si ama un luogo, non necessariamente quello in cui si è nati o vissuti per la maggior parte del tempo, o si comincia ad amarlo e a percepirlo come elemento integrante della propria vita (come può accadere a chi è venuto ad abitare un posto molto diverso da quello natio) si finisce per vagheggiarne anche il passato…” E' l'estate del 1802 quando il ventisettenne Joseph Mallord William Turner, giovane artista di talento già considerato il miglior paesaggista inglese, lascia per la prima volta la Gran Bretagna per raggiungere le Alpi. Solo alcuni mesi sono trascorsi dalla pace di Amiens e la lunga guerra con la Francia, iniziata nel 1793 è, per il momento, conclusa. Le montagne delle Alpi, ed in particolare della Valle d’Aosta, a cominciare dal Monte Bianco, rimasero un ricordo così forte per Joseph Turner che, nell’estate del 1836, volle tornare nei luoghi che tanto lo avevano impressionato. “Viaggiatore curioso oltre che artista, passò più volte, nei suoi tour alpini, da Saint-Pierre, e la memoria dei suoi viaggi è conservata in numerosissimi disegni e acquarelli.” Può accadere, una volta conosciuta la pittura di Turner, di ritrovarsi l’atmosfera onirica dei suoi quadri in uno scorcio di cielo, specie in quelle vedute non toccate dall’antropizzazione e dall’onnipresenza dell’automobile, rimanendo pressoché inalterate rispetto all’epoca, come in un bellissimo disegno in cui l’artista raffigura Sarriod de la Tour visto da les Iles di Saint-Pierre.
Tratto da “Lo sguardo di Turner”- F. Zanni – Melange n.2 anno 13 – Settembre 2009
La leggenda, non diversamente dal mito, nasce e si sviluppa nella tradizione orale e in ambiente popolare, e la forma scritta e colta è solo la fase finale. Le leggende sono brevi racconti che nascono quando l’immaginazione popolare ‘gioca’ con la realtà. Nessuno sa quante siano le leggende che raccontano come sono andati episodi storici vissuti dalle tante comunità umane. È certo, comunque, che per ogni evento storico di qualche importanza l’immaginazione popolare non manca mai di giocare con la storia inventando una leggenda. La Valle d’Aosta racconta numerosi aneddoti, storie e leggende legate ai suoi castelli, alle sue torri, alle sue casseforti, alle sue residenze nobiliari in ogni epoca. ”Il quartiere ad ovest del Borgo di Saint-Pierre da cui dipartiva la strada che conduceva al castello de La Tour era, ed è, conosciuto col nome di Clou Moran. Attorno a questo nome sono sorte delle leggende alquanto macrabe. La gente pensava che il nome significasse la strada dei morenti perché quella era ritenuta la via del “non rientro” per prigionieri che venivano gettati nel fiume dal dirupo su cui sorge il castello stesso. In realtà il nome deriva dal quartiere che nel 1300 veniva denominato “Closum Morandi” dove Closum stava per chiuso (da cinta) e Morandi era il genitivo latino del nome degli abitanti del chiuso. Ora la denominazione preesisteva alla costruzione del castello, come ci attesta una pergamena del 1385 nella quale si certifica la vendita di una vigna da parte di Louis e Pierre Sarriod d’Introd al vescovo di Aosta Jacques Ferradin “au lieu dit Closum Morandi” unitamente ad un prato e “verger” in un altro luogo detto “Closum Marqueti” sempre nella circoscrizione di Chatel Argent”.
Treccani enciclopedia e I. Ceriano cap.VII “Leggende” in Saint-Pierre - Musumeci editore
Il 1°luglio 1964 si costituisce la Cooperative des Producteurs de fruits de Saint-Pierre con 33 soci fondatori provenienti dai Comuni di Saint-Pierre, Sarre, Villeneuve. Nel mese di settembre 1969 inizia l’attività di conservazione e commercializzazione delle mele. L’Associazione risponde alle esigenze di cooperazione e “les perspectives sont bonnes: le marché est actif et, dans le cadre de l’économie valdôtaine, l’ensemble de la production des fruits avec un produit brut vendable oscillants autour d’un milliard de lires, représente pour les agriculteurs une source de revenus appréciables”. L’associazionismo è una forma di vita valdostana con origine antiche e “typique de l’esprit de solidarieté et de communauté qui a depuis toujours unì les gens de la montagne, tout en respectant le travail et l’initiative individuelle. La Cofruits rassemble actuellement 70 pour cent de la production de fruits.” I primi anni non furono privi di problemi e furono forti le difficoltà di conquistare un’area di mercato. Ma grazie a questa iniziativa “l’agriculteur a été délivré de deux adversaires puissants qui entravaient la rentabilité de son travail: la chaîne des intermédiares d’une part, la conservation et la commercialisation des fruits d’autre part.”.
Estratti da Tribune de la vallée d’Aoste – 13 novembre 1977
Fu proprio anche l'esigenza di controllare incondizionatamente le vie ed i passi della nostra regione a spingere i Romani a prendere le armi contro i Salassi fin dalla metà del II secolo a.C.. Secondo il Promis (IV), infatti, la campagna romana nel 141 a.C. sarebbe da interpretare come "questa prima e gratuita aggressione dei Romani svela già il loro desiderio d'impadronirsi dei migliori e più diretti passaggi alpini d'Italia per Gallia e Germania". Questa posizione contrasta con quella di Gribaudi (V) e Passerini (VI) secondo cui la possibilità di sfruttare le miniere d'oro o le sabbie aurifere avrebbe indotto i Romani ad intervenire nella nostra regione (VII). Comunque, i rapporti tra Salassi e Romani furono per la Beretta (VIII) "assai geniali nel senso che ai Romani non fu impedito il transito per la Valle e l'accesso ai valichi, ma qualora ve ne fosse l'opportunità, gli alpigiani non esitavano a far rotolare sassi sulle truppe che 'inerpicavano per i sentieri che conducono ai due valichi e che non si facevano certo scrupolo di derubare i mercanti delle loro merci o estorcere loro altri pedaggi". Dopo la morte di Cesare - 44 a.C. - e l' insuccesso romano di sottomettere il Vallese, i Salassi rimasero padroni delle vie e dei passi e diressero le loro vessazioni anche su intere coorti. Fu, quindi, indispensabile per Ottaviano interessarsi di loro; ma, essendo impegnato su altri fronti, solo dopo Azio (2-IX-31 a.C.) affidò il compito di sottometterli a Valerio Corvino Messalla. Questi chiuse ai Salassi tutti i passi e subdolamente penetrò poi nell'interno della Valle. Li costrinse alla resa privandoli del sale.
Le difficoltà dei Romani a piegare i Salassi sono attestate anche da Svetonio (IX): "Successivamente sottomise parte guidando personalmente le operazioni parte sotto i suoi ordini... i Salassi, popolazioni che abitano sulle Alpi (Inalpines)". Ottenuto il libero passaggio sulle vie della Valle si ampliarono le strade e per tale opera furono impiegati anche i Salassi. Ad Augusto tuttavia non bastava essere padrone delle vie e dei passi alpini poiché questi non potevano es sere percorsi agevolmente: infatti, gli abitanti del posto davano fastidio. Si do veva, pertanto, penetrare nelle valli laterali. E' per tale motivo che la romaniz-zazione fu così capillare, come attestano reperti e testimonianze presenti un po' ovunque nella nostra regione, che fu inglobata nella XI regione Augustea.
"SAINT-PIERRE", Augusta Vittoria CERUTTI, Pia BORNEY, Irma CERIANO, Musumeci Editore
La tratta ferroviaria che parte dalla città di Aosta e arriva al paese di Pré-Saint-Didier, alle pendici del massiccio del Monte Bianco, è la seconda linea ad essere stata costruita in Valle d’Aosta dopo la Chivasso – Aosta del 1881. Si iniziò a parlare di un possibile collegamento ferroviario che arrivasse fino alla cittadina termale (o anche che passasse sotto la montagna per collegare l’Italia con la Francia) già nella seconda metà del XIX secolo. I lavori veri e propri quindi poterono iniziare solo il 22 settembre del 1927 per concludersi poco più di due anni dopo; l’inaugurazione coincise con l’anniversario della marcia su Roma dell’anno 1929 (28 ottobre). Si tratta di un particolare non di poco conto poiché la nascita del secondo tratto ferroviario valdostano è legato più che marginalmente con le politiche del regime fascista nella regione; è necessario rimarcare che la strada ferrata venne pensata, progettata e costruita non tanto come servizio per i cittadini dell’alta valle o per ragioni politiche ma come vitale arteria che portasse l’indispensabile minerale delle miniere di La Thuile all’acciaieria Cogne, situata nel capoluogo regionale. La stazione di Saint-Pierre fu costruita nel 1934 su richiesta dei numerosi abitanti del paese che scendevano ad Aosta a lavorare e venne formalmente attivata nel 1937. La struttura ripropone la caratteristica architettura alpina spesso presente nelle fermate valdostane e di fatto molto simile ad una baita. Il fabbricato fu realizzato su due livelli e caratterizzato da un rivestimento in pietra e in legno. Il piano inferiore era a suo tempo adibito ai servizi per i viaggiatori mentre il piano superiore ad abitazione privata con ampia balconata in legno che si affaccia tuttora sul piano binari. Quella che in un primo momento doveva essere solo una linea a spiccata vocazione “industriale” venne modificata per essere utilizzata anche dalla popolazione: si pensò allora alla trazione elettrica per sfruttare le importanti fonti di energia idroelettrica presenti in Valle per poi, nel corso del 1968 , abbandonare a favore di quella diesel. L’ulteriore semplificazione degli impianti avvenuta fra il 1991 e il 1992 comportò la trasformazione della stazione di Saint-Pierre in una semplice fermata impresenziata. Il 24 dicembre 2015 l’Assessore regionale ai trasporti comunicò la sospensione del servizio sulla tratta visto l’ammontare dei costi di gestioni in relazione all’utenza effettiva. Ad oggi la ferrovia risulta di fatto abbandonata.
https://fondoambiente.it/luoghi/ferrovia-aosta-pre-saint-didier La ferrovia in Valle d’Aosta – Castellani-Garzano 2010 Editoriale del Garda
Bussan comprende tre villaggi: Bussan dessous, Bussan du milieu e Bussan dessus che si trovano ad un’altitudine compresa tra i 700 ed i 750 metri. Sono tutti ubicati sulla strada della collina che, prima della costruzione della carozzabile da Tache a Homené, era l’unica via di comunicazione tra il borgo ed i villaggi alti. La popolazione dei tre villaggi era dedita un tempo all’agricoltura ed all’allevamento del bestiame. Parecchi proprietari di Bussan di mezzo e di sotto erano facoltosi e possedevano malghe ed alpeggi a Rumiod, Vetan, Homené e Verrogne. Tutto intorno a questi villaggi vi erano prati, frutteti e vigneti. Le vigne principali si trovavano a Bréan, Thoules e Sarre. Tra un filare e l’altro, sui terrazzamenti, si seminavano segale e frumento che servivano per il pane che veniva cotto da novembre a metà dicembre nel forno di Bussan di sopra. In tempo di guerra venne costruito un forno più piccolo (per circa 10-15 pani) dove si cuoceva il pane di nascosto. Il periodo più della panificazione era il più bello dell’inverno, soprattutto per i bambini ai quali era permesso pasticciare un po’ e fare il tipico “galletto”. Il giorno in cui si faceva il pane non si portava il latte alla latteria, ma lo si utilizzava con i fichi, zucca gialla cotta, uova, zucchero, uvetta e farina per pani dolci: le cosidette “Flantse”.
Estratto da Memorie,villaggi e personaggi di Saint-Pierre- V.Champrétavy . Supplemento.n.3 di Melange”. Dicembre 2003
“Festa delle grandi occasioni ieri a Saint-Pierre per la riapertura alla comunità della chiesa parrocchiale. Cinque anni di lavoro sono stati necessari per consolidare le strutture portanti dell’antico edificio, il rifacimento del tetto ed il ritrovamento di fondamenta delle due chiese preesistenti. La messa è stata concelebrata da don Aldo Rastello, parroco di Saint-Pierre, con il vescovo Ovidio Lari e gli ex parroci di Saint-Pierre: don Luigi Maquignaz, Giovanni Christille ed il canonico Roberto Fosson. Presenti anche i sacerdoti originari del paese: padre Lale Gerard Pietro che ha festeggiato i 50 anni di sacerdozio, don Adolfo Bois e Silvio Bois.”.
Da Gazzetta della Valle d’Aosta – Gazzette de la Vallèe d’Aoste – 29 marzo 1982
“Une célébration exceptionelle s’est déroulée a Saint-Pierre, le 4 novembre. On a inauguré dans cette commune, ce jour-là, les nouveaux bureaux municipaux au Château, on a fêté deux instutrices, Mesdames Marie Valérie Mochettaz-Ronc et Valentine Colla, qui viennent de quitter l’école, et on béni le monument aux Soldats. Les plus hautes autorités de la Vallée, toutes les autorités locales et toute la population ont pris part a cette célébration. Après la Messe, bénédiction du monument aux Soldats et discours de M. le Président Caveri et de M. Fenoil. L’on se rendit ensuite dans la cour du châteax, où M. l’Assesseur Berthet consigna aux deux institutrices susnommées des certificats de “benemerenza” et pronoça un discours élogieux à regard des dites institutrices, soulignant, par là, la grandeur, la noblesse et les responsabilités de la Mission confiée aux institureurs et aux institutrices. La société chorale de Saint-Pierre exécuta ensuite des morceaux, qui ont soulevé l’admiration et l’enthousiasme de tout le monde. Ce fut une fête bien organisée bien réussie, profondément valdôtaine qui restera dans les annales de Saint-Pierre comme un des événement importants de cette commune. Nous avons encore dans les yeux la vison du château tout pavoisé de drapeaux, dans l’oreille les harmonies des chants que nous avons entendus, dans le coeur le souvenir des discours que nous avons écoutés. Honneur aux Saint-pierrolains!”.
Tratto da “Le Pays d’Aoste” del 10 novembre 1950
A partire dagli anni Settanta dell’Ottocento anche in Valle d’Aosta si diffusero e acquistarono forza le organizzazioni delle classi lavoratrici. Tra tutte le forme associative assunse un rilievo particolare l’esperienza mutualistica. Le Società di Mutuo Soccorso si imposero rapidamente anche tra gli artigiani, i salariati, i commercianti, gli operai nelle fabbriche, anche tra i militari, gli insegnanti, i reduci delle “patrie battaglie”. Nell’anno 1892 nasce la “Société de Secours Mutuels entre les Ouvriers de Saint-Pierre, Villeneuve et les Communes limitrophes”. Gli iscritti erano 58 compresi nove soci onorari. “Tra i fondatori del sodalizio compaiono i nomi di alcuni dei più famosi componenti il primo nucleo di socialisti valdostani: su tutti emerge il nome di Eloi Bochet. Un personaggio di spicco di Saint-Pierre, un artigiano benestante e per parecchi anni Sindaco del suo paese. Anche il socio fondatore Antoine Georgy fu uno dei primi organizzatori socialisti. Il Georgy era originario di Villeneuve, dove esercitava il mestiere di fabbro ferraio. Proprio a Villeneuve, e probabilmente nella casa dello stesso Georgy, si tenne il 1° maggio 1893 la prima festa dei lavoratori in Valle. Lo Statuto, unico documento sociale rintracciato, presenta alcuni interessanti e significativi elementi di specificità. Secondo l’art.23, contrariamente a quanto avveniva in tutte le Società operaie finora esaminate, le assemblee generali dei soci, anziché avere scansione annuale, si tenevano ogni tre mesi. Questa norma, il cui scopo fu di favorire ed incentivare la concreta partecipazione della base alle decisioni della Società, venne peraltro sostenuta da una serie di rigorosi provvedimenti di penalizzazione per coloro che mostrassero di trascurare i loro impegni di socio.” A partire dal 1894 si risentirono anche in Valle d’Aosta le conseguenze della politica repressiva che portò all’emanazione di leggi speciali anti-sovversive ed è pertanto lecito avanzare l’ipotesi che la Società sia stata oggetto di persecuzioni sfociate forse anche nello scioglimento del sodalizio.
Tratto da “Alle origine della solidarietà operaia - Le società valdostane di Mutuo Soccorso" di Pramotton L. - Tipografia Valdostana - 1992
L’attacco sferrato la mattina alle 6 del 7 settembre 1944 dalle forze partigiane di Cogne lungo la strada statale n. 26 Aosta-Courmayeur all’altezza dell’abitato di Saint-Pierre con l’ausilio di bombe con detonatore fabbricate presso l’officina delle miniere di Cogne, fa saltare un mezzo militare tedesco in convoglio con destinazione il Piccolo San Bernardo. Sette tedeschi rimangono uccisi e nove sono i feriti. Il comando tedesco decide quindi di prelevare, in rappresaglia, dalle carceri di Aosta, dalla Torre dei Balivi, sei persone rastrellate in Valle d’Aosta precedentemente e di portarle il giorno stesso sul luogo dell’avvenuto attacco (Arlier di Saint-Pierre) e di procedere, verso le 17, alla loro fucilazione insieme a due civili. «Una sessantina di abitanti di Saint-Pierre è costretta ad assistere all’esecuzione»: per tutto il giorno i tedeschi proseguono nel rastrellamento del Borgo di Saint-Pierre, «mentre un cannoncino tuonava dalla strada provinciale»; presenti in zona anche i militi del battaglione IX settembre, RSI, giunti da Villeneuve, che si appostano «con la mitraglia» nelle vigne sottostanti lo stradone. Gli uomini sono prelevati dalle loro case e incolonnati, costretti a rendersi sul luogo. Le 8 vittime sono lasciate sul posto per due o tre giorni guardate da militi fascisti, fino a che il parroco di Saint-Pierre, l’abbé Robert Fosson, ottiene di poterle seppellire nel cimitero del paese e si reca, insieme a dei parrocchiani e al medico condotto, sul luogo dell’eccidio con «due grossi carri, larghi di tavole e quattro ruote». In seguito, le salme saranno traslate nei rispettivi paesi di origine. Le vittime furono fermate in vari rastrellamenti nazifascisti (5 nella notte tra il 3 ed il 4 settembre 1944 a Moron-sur-Saint-Vincent e a Salirod-sur-Saint-Vincent, 1 in zona di Montjovet «all’inizio di settembre») e condotte nelle carceri della Torre dei Balivi ad Aosta. Qui le sei vittime furono prelevate dai tedeschi e fucilate per rappresaglia a Saint-Pierre (Valle d’Aosta) il 7 settembre 1944. Due altri civili sono fucilati insieme a loro. Le vittime di Saint-Vincent verranno riconosciuti Caduti partigiani. Altri 7 civili rastrellati a Moron-sur-Saint-Vincent il 4 settembre, sono consegnati il 19 settembre 1944 alla «Gnr per servizio di lavoro».
https://www.straginazifasciste.it/wp-content/uploads/schede/Saint-Pierre,%2007.09.1944.pdf
Domenica 29 giugno è stata celebrata la festa patronale, festa che quest’anno ha rivestito una solennità particolare per l’inaugurazione dell’organo liturgico. Un mese di lavoro è stato premiato finalmente, ed è terminato con la festa patronale mai celebratasi con ugual fervore e raccoglimento. L’organo, un vero capolavoro, è opera della Ditta Krengli di Novara. Esso possiede 19 registri completi, 1385 canne, consolle a due tastiere rivolta verso l’altare, elettroventilatore. Era una cosa necessaria, ma costosa. Però i saintpieroleins questa cosa l’hanno compresa bene e, nella misura delle proprie possibilità, tutti hanno cooperato generosamente per conseguire questo comune desiderio. Alla Messa cantata delle 10.30 la chiesa fu stipata di gente, mentre i cantori eseguivano con maestria, la “Missa Pontificalis” del Perosi, diretti dal Maestro Poser. Il suono limpido dell’organo toccato dal Chiar.mo Maestro Angelo Surbone, Professore d’organo al Conservatorio, accompagnò con tono giulivo e trionfale la Messa in musica. Il nuovo organo, che ha suscitato l’ammirazione di tutti, rimarrà a testimoniare la concorde buona volontà, l’unione dei cuori, la fede degli abitanti di Saint-Pierre, i quali meritano un plauso anche per questa iniziativa così bene condotta a termine.
Estratto da “Corriere della Valle d’Aosta “ del 3 luglio 1952
Nella caratterizzazione del castello Sarriod de La Tour, rimane centrale la decorazione pittorica e scultorea della cappella e di alcune sale, il cui interesse dal punto di vista storico-artistico è tale da farne uno dei siti più interessanti della Valle d’Aosta in relazione ai secoli XIII-XV. Il soffitto scolpito del Salone principale, detto Sala delle Feste, risalente alla prima metà del Quattrocento (l’analisi dendrocronologica ha fornito una data di abbattimento degli alberi tra il 1431 e il 1432), costituisce un prezioso esempio di singolare e pregevole manifattura valdostana. Si compone di una folla di mensole intagliate con figure di esseri mostruosi o diabolici, teste umane, animali, visi grotteschi, scenette licenziose o elementi osceni legati all’immaginario fantastico medievale. Un’opera di questo genere non doveva essere un caso isolato: realtà analoghe erano verosimilmente presenti nel Quattrocento nei castelli e negli edifici sacri valdostani. Solo l’esempio di Sarriod de La Tour è però giunto sino a noi. Il soffitto ligneo, impreziosito da un corredo di vivaci mensole scolpite rappresenta una testimonianza straordinaria, a livello europeo, delle capacità organizzative delle maestranze attive nel cantiere di ampliamento dell’edificio nei primi decenni del XV secolo, oltre che delle qualità esecutive e del livello tecnico raggiunti all’epoca dalle botteghe artigiane locali. La messa in opera di un tale complesso sistema di copertura, nel quale si combinano elementi strutturali e ornamenti scultorei tridimensionali, implicano una padronanza nella gestione della materia prima, dal taglio del legno alla sua segmentazione in travi, alla sistemazione e all’ancoraggio delle stesse alle pareti murarie, che le recenti indagini condotte sul manufatto hanno dimostrato essere frutto di saperi tecnici consolidati, derivanti presumibilmente dalla tradizione e irrobustiti da una comprovata esperienza da parte della bottega, all’interno della quale si dovettero distinguere diverse personalità specializzate nei campi che afferiscono all’arte e all’architettura.
Tratto da Bollettino della Soprintendenza per i beni e le attività culturali della Valle d’Aosta n14/ 2017: Castello Sarriod de la Tour a Saint-Pierre: Il sistema costruttivo del soffitto ligneo con mensole figurate (1431-1435) M. Cortelazzo - V. Vallet
“La situation actuelle de la scierie de Verrogne est bien différente de ce qu’elle etait à l’époque de son activité. Dès l’origine, l’artifice a été construit en contrebas du village, à l’est du Ru Muneresse. On y menait les grumes par deux chemins; soit en suivant le cours du ruisseau, soit en profitand du droit de passage qui grève les parcelles n. cad. 272, 281,94 et 285, c’est-à dire en passand au nord de la chapelle, au sud de l’agglomération et sous l’auvent à colonnes du bâtiment voisin de la scierie. Ce passage était accessible à tous les habitants du hameau puis il menait au four commun déjà en place au XVIIIe siècle. Le village de Verrogne est construit sur un coteau en pente douce bien ensoleillé. Comme dans tout hameau valdôtain, un réseau de circulation irradie la terroir à partir des maisons. Les habitants l’entretenaient pour exploiter les bois, les alpages, les prés et les champs, mais aussi pour se rendre au chef-lieu. Verrogne est traversé, en plus, par la “route des Salasses”. En 1967-68, la constrution de la route carrossable au sud de Verrogne, a bouleversé ce schema de distribution ramifié et a placé la scierie dans une position que je qualifierai de “remarquable”: la voici maintenant à l’entrée du village. La scierie faisait partie de l’équipement hydraulique général de la localité, mais c’était une “industrie” de type familial; près du four, une autre scierie identique appartenait à trois familles du village, groupées en consorterie. Cet artifice, plus ancien, est actuellement en ruine. Il y avait aussi deux moulins à céréales; le premier, sis au nord du hameau, fonctionnait grace à l’énérgie du ru d’Homené il a disparu. Le second est situé au centre de Verrogne; comme les duex scieries, il utilise l’eau du Ru Muneresse: il a été remis en état. D’autres édifices communs, encore existants cotoient la scierie: à l’est, une Chapelle dédie à Saint-Théodule, dèja citée dans les textes du XVe siècle; à l’ouest, à coté du Ru Muneresse, le four comun et la laiterie”.
Estratto da Mélange – Anno VI – n.1 Aprile 1988 “Ricerca origine storiche, architettoniche ed idrauliche della sergheria di Verrogne” – Arch. Claudine Remacle e Donatella Martinet
Le soir du 11 juillet, Son Excellence Mgr. Centoz, Archevêque et Nonce Apostolique a Costarica et Panama, arrivait à son pays natal, après plus de six années d’assence. Parents, prètres, enfants de l’Asile accompagnés des Soeurs, l’ont accueilli, à son arrivée. Dimanche, 13 juillet, la population de Saint-Pierre a voulu témoigner sa reconnaissance profonde à celui qui a donné au pays la belle maison, désormais dénommée officiellement “Asile Mgr. Centoz”. Ma chi era Monsignor Centoz? Nato il 1° aprile 1883 a Saint-Pierre, fin dall’infanzia si distinse per le doti intellettuali. Crescendo, arrivò la scoperta della vocazione e l’ingresso in seminario per continuare gli studi. Il 10 giugno 1906 il giovane Luigi tornava nel paese per celebrare la prima Messa. Dapprima vice parroco a Pontboset, il sacerdote venne presto chiamato a Roma presso la Segreteria di Stato. Fu l’inizio di una carriera brillante in campo diplomatico: da uditore di nunziatura a Berlino, nominato in seguito arcivescovo di Edessa, segretario di stato e poi nunzio a La Paz in Bolivia, Venezuela e Lituania. Ricoprì poi lo stesso incarico a Cuba, tra la fine degli anni ’50 e l’inizio degli anni ’60 del secolo scorso. Era il culmine della guerra fredda, l’epoca di Fidel Castro e della crisi dei missili che portò Stati Uniti ed URSS ad un passo dalla guerra nucleare. Tra una missione e l’altra, Monsignor Centoz amava tornare a Saint-Pierre e intrattenersi con gli abitanti del luogo che lo avevano conosciuto bambino. Dal canto loro, i compaesani erano orgogliosi di annoverare fra loro un personaggio così illustre.
Estratti da Le Pays d’Aoste del 20/07/1952 - Bollettino parrocchiale Anno 1 – numero 1 – luglio 2011 E. Bérard
Dal 1633, come risulta da due date scolpite una sulla trave maestra e l’altra su di un cippo, vi è una casa nella Borgata, un tempo appartenuta ad un Gerbore sposato con una Persod. Essendo stati interdetti nel 1854 i due figli maschi della coppia, Jean-Baptiste e Pierre-Isidore, la casa passò alla figlia malaticcia che fu sposata per breve tempo a Paul Vierin non nativo di Saint-Pierre che nel 1871 vendette parte dell’edificio a tale Costa Alessandro, proveniente dalla Savoia, la cui figlia andò sposa nel 1875 a Romualdo Branche. Questa parte della casa appartiene ancora agli eredi Branche. Una parte fu acquistata da Etienne Centoz; i successori la tennero per parecchio tempo e recentemente l’hanno ceduta alla famiglia Gobbo che ne è l’attuale proprietaria. L’edificio è stato in parte restaurato ma sulla facciata a sud-est sono visibili, purtroppo in grave degrado, alcuni affreschi di soggetto religioso. Sempre nella borgata, vediamo nella casa al n.9 di via Chanoux pregevoli stipiti della porta d’entrata sormontata da un medaglione col monogramma del Cristo (Jesus Hominum Salvator = Gesù salvatore degli uomini). Proseguendo verso est, nella stessa via, ci incontriamo con la casa Arnod, la quale diede il nome al quartiere. Al numero 23 di via Chanoux si trova casa Persod. Caratteristico il cortiletto interno a cielo aperto su cui si affacciano le scale per i piani superiori. Fino all’anno scorso, su questa casa si vedeva affrescata una bella doppia meridiana su cui si leggeva molto nitidamente la data: 1770.
Antiche case rurali: estratto da “Saint-Pierre” I.Ceriano Musumeci 1993
Nel corso degli anni Quaranta e Cinquanta la popolazione della Valle d’Aosta inizia ad aumentare notevolmente. All’indomani dell’ultima guerra, nel 1951, il Comune di Saint-Pierre contava poco meno di 1400 abitanti per arrivare, alla fine degli anni Ottanta, a circa 2200 residenti. Negli anni Cinquanta riprende il processo di trasformazione del territorio e di urbanizzazione che aveva avuto un notevole impulso negli anni Trenta, subendo poi un rallentamento durante il periodo bellico. Intensa è anche l’attività di miglioramento della rete viaria interna: a Saint-Pierre nel mese di marzo del 1954 “L’entreprise Cortelli a ouvert les travaux de la belle route qui, se détachant de celle de Saint Nicolas, près du Cimetière, aurait dû arriver au Château, avec une dépense de 17 millions, couverte par la Vallée. L’entreprise ayant réduit la dépense du 30% on espère que la route arrive au village de Tache. Un embranchement moins large aboutit à l’église”. Nel mese di luglio “L’entreprise Nelva est en train de costruire les égoûts au chef-lieu. Aux frais de la Vallée des restaurations ont été faites à la tourelle du Château et des injections en ciment ont donné une nouvelle vigeur au grand mur du Château qui menaçait de ceder vers l’Eglise” mentre “L’entreprise Lale-Démoz construira la Maison Fanfani que le Gouvernement a assigné à Saint-Pierre”.
Estratto da “Le Messager Valdotains pag. 92-93 Anno 1955”
Il “Gruppo Alpini” di Saint-Pierre venne costituito per volontà di alcuni giovani e meno giovani all’inizio degli anni ‘70 con l’intenzione di mantenere vivi i rapporti di fratellanza, amicizia e condivisione di valori tra coloro che avevano prestato servizio nelle truppe alpine. Il Gruppo fu intitolato alla memoria del S.Ten. Eugenio Bochet classe 1916, caduto sui Monti Trebiscinei (fronte greco-albanese) nel gennaio del 1941 e decorato con medaglia di bronzo alla memoria. In una nota calligrafica corretta a mano si legge: “Bochet Eugenio, Sottotenente degli Alpini, ha immolato la radiosa sua giovinezza al sacro ideale di Patria. Nel culto degli intimi affetti Egli sopravvive al tragico fato nel rimpianto della famiglia desolata, nella simpatia dei parenti, amici, conoscenti, superiori e subalterni. Alla sua benedetta memoria va’ il nostro commosso supremo vale [...] nella pace del Signore. Saint-Pierre 27 gennaio 1926 – Fronte greco 29 gennaio 1941”. L’inaugurazione ufficiale del Gruppo fu festeggiata il 22 marzo 1970. Nella prima riunione venne approvato uno schema di regolamento e venne eletto il primo Consiglio Direttivo. Dei dodici soci fondatori, facevano parte anche reduci del 1° e del 2° conflitto Mondiale. Il primo capogruppo fu eletto Edoardo Sapinet, il Vice Alessandro Carlin, il segretario Giancarlo Lettry e la Madrina Lavinia Terradura. Molti ricordi sono ancora vivi. "Ed eccoci al 22 marzo 1970. Il nostro programma prevedeva alle 8.30 l’arrivo delle autorità al Monumento dei Caduti. L’emozione era tanta, ma non credo che abbia toccato solo la mia persona. Osservavo le gesta degli amici: Edoardo continuava a lisciarsi i baffetti, Giancarlo si toglieva e rimetteva il cappello. Come per magia spuntò da Seez Emile Neyret ed il suo mulo con un barilotto di vino ed uno di vermouth [omissis]. Ora si inizia. La fanfara Taurinense inizia con Onore alla Bandiera, onore ai Caduti e l’inno degli Alpini, cioè la marcia 33, tutti con il volto all’insù ed ognuno con i propri pensieri.”.
Estratti da “Cinquantennale della fondazione del Gruppo – Saint-Pierre 22 marzo 1970-22 marzo 2020” - Alessandro Carlin “Séchez vos larmes! Mais que notre sacrifice vous soit de guide dans l’avenir”. Gli Alpini di Saint-Pierre.
“Più che un villaggio Orléans è un gruppo di quattro o cinque case abbastanza distanti l’una dall’altra, poste sulla ripida collina di Saint-Pierre, alle spalle del castello. In estate le case sono nascoste da una fitta vegetazione che in autunno si tinge di mille colori. Orléans di sotto si trova a 1060 m […] era molto popolato. Le famiglie erano numerose, i figli maschi per lo più emigravano in Savoia, Svizzera, America in cerca di lavoro. A Orléans di sotto c’erano quattro famiglie: due provenienti da Bionaz, una da Champlong di Villeneuve e la famiglia Lale-Castain, originaria del posto. La casa più a nord cambiò parecchie volte proprietario e fittavoli. Una famiglia proveniva da Coudray di Avise e per un certo periodo la stessa casa è stata chiamata “Coudray”. Erano persone molto intelligenti e abili costruttori: infatti ancora ora si vedono travi dei tetti e dei balconi lavorati a mano ed abilmente intagliati. Nel 1944 fu costruita la linea elettrica partendo da Breyes. I cavi furono posti da un certo Rigona che possedeva una piccola centrale elettrica sotto Porossan e da Arnod Mino di Saint-Pierre. Le famiglie interessate (cinque) contribuirono alle spese dando L.10.000 ciascuna e provvedendo alla fornitura e alla posa dei pali. Negli anni ’60, ’61 Orléans ebbe anche la strada che sostituì la vecchia mulattiera e, partendo da Praulin, collegò i villaggi di Babelon, la Torretta e Orléans al resto del paese. All’inizio del secolo il villaggio possedeva un mulino ed una segheria. L’acqua potabile è sempre stata di proprietà privata in quanto ogni famiglia aveva una sua sorgente. Nel 1978 su tutto il territorio comprendente Orléans ed i villagggi sottostanti fu fatto l’impianto di irrigazione a pioggia. Gli abitanti di Orléans da sempre hanno fatto i contadini e gli allevatori. Quando René era bambino, lui e il fratello con l’asino andavano a vendere i frutti dei loro prati.”.
Tratto da “Memorie – Villaggi e personaggi di Saint-Pierre“ V. Champrétavy - suppl. Melange 2003
“Cinquantacinque anni di attività musicale in Valle d’Aosta con i cantori di Saint-Pierre. Una bella ricorrenza da festeggiare, e Carlo Poser non se l’è lasciata sfuggire. Proprio con i cantori di Saint-Pierre Poser ha iniziato il suo lungo percorso nell’ambito del mondo musicale valdostano, “cammino” che qui ricordiamo nelle sue tappe fondamentali. Arrivato come alpino durante la seconda guerra mondiale e inserito nel battaglione di stanza alle casermette di Saint-Pierre, si fece conoscere dal parroco suonando l’organo durante la Messa del soldato, celebrata da Mons. Centoz il 3 dicembre 1939. Fu in quella occasione che gli fu proposto di rimanere in Valle, gli fu trovato addirittura un lavoro, alla “Cogne”. Carlo Poser fu promotore nel ‘53 dell’organizzazione di un raduno annuale delle Cantorie dell’Alta Valle, raduno che si tiene puntualmente ancora oggi. Ma nella nostra regione gli organisti scarseggiavano, così Poser pensò bene di istituire nel ‘67 una scuola privata per organisti che condusse e diresse per quasi 30 anni. L’impegno di Poser si rivolse anche ai più giovani; nel ‘57 si dedicò per la prima volta ai cori per i bimbi e portò il giovane coro di Saint-Pierre a vincere il concorso delle corali delle Scuole Elementari. Nel ’73 arriva l’incarico dal Direttore didattico di Saint -Pierre che gli permette di insegnare, riconosciutagli la qualità di esperto, nelle classi del circolo. Dall’89 cura la preparazione di un gruppo corale all’università della terza età di Aosta. Carlo Poser ha ricevuto per la sua passione musicale diversi riconoscimenti. Nel ’61 altra affermazione di rilievo: vince infatti il primo premio al Concorso di canzoni inedite indetto dalla Regione con la canzone “Les trois amis” parole scritte dalla figlia. Nell’85 inizia la preparazione del gruppo corale “Harmonie” (manco a dirlo, di Saint-Pierre) caratteristico per il suo repertorio di musiche classiche prevalentemente operistiche nel frattempo il Maestro Poser continuava la sua attività in cantoria come istruttore e come organista.”.
Estratto da La Vallée del 10 dicembre 1994 – “Poser musicista d’antan”- come riportato in “Carlo Poser Ambienti e avvenimenti nella vita del maestro come riportati dalla stampa“ – R. Poser anno 2010
La Vallée d’Aoste est riche de monuments anciens qui lui ont acquit dans l’histoire une gloire incontestable. Celui sur le quel nous appelons ici l’attention du lecteur ne tient ni le premier ni le dernier rang. Il appartient à la noble famille Sarriod de la Tour, et, dans sa construction actuelle, il a été élevé vers la moitié du XVe siécle par Jean de Sarriod, premier seigneur de la seigneurie de la Tour, jusqu’à lui indivise de celle d’Introd […] La famille Sarriod, l’une des plus anciennes et des plus illustres du Duché d’Aoste, prend son origine des seigneurs et comtes de Bard en Lorraine, par quelque cadet revêtu d’un emploi du gouvernement, à l’époque où le Duché, sorti de la domination des rois de Bourgogne, obéissait à l’Empire. Etablie au pied de la vallée, la famille de Bard n’avait pas seulement la seigneurie du château et du mandement de Bard qui comprenait Bard, Donnas, Pont-St-Martin, Vert, Hône et toute la vallée latérale de Champorcher avec une partie de la seigneurie d’Arnad, ella avait encore le château du mandement et de la seigneurie de Chatel-Argent, dont dépendaient les paroisses d’Arvier, de St-Nicolas, de St-Pierre, Villeneuve, Sarre et Chesallet, Valsavarenche, Introd, Rhêmes, avec plusieurs autres biens et fiefs depuis Montjovet jusqu’à Carême. Les généalogies qu’on a de cette famille remonte à l’an 1040. La famille Sarriod à la quelle, à son tour, la famille de Bard a donné naissance, fixa sa résidence à une maison, dans le finage de St-Pierre appelé Sarriod, nom qui lui resta et servit à la distinguer. Elle eut pour sa portion la jurisdicion sur une partie des six paroisses du mandement de Chatel-Argent. Au partage des deux frères Yblet e Jean Sarriod, fils de Louis, en date 18 janvier 1420, la segneurie Sarriod, jusqu’alors indivise, fut partagée elle-même avec ratification du Comte de Savoie.
Tratto da “Le châteux des Sarriod de la Tour – A St-Pierre de Chatel-Argent près d’Aoste“ Pierre Etienne DUC – Extrait du Journal héraldique-généalogique de Pise. An. IV n°6 - 1876
“Il Priorato di Saint-Pierre si presenta oggi come un complesso dall’aspetto straordinariamente omogeneo grazie all’imponente opera di riedificazione operata dal canonico Persod entro il primo decennio del Settecento. Tuttavia, la struttura dell’insieme è molto più articolata di quanto appaia ad un primo esame sommario. Mi pare si possano individuare almeno tre grosse fasi corrispondenti ad altrettante vestigia ancora superstiti.
PRIMA FASE: XIII-XV secolo, corrispondente al sedime dell’attuale Cappella, al vano quadrato retrostante alla Cappella stessa, individuato dall’Orlandoni come reperto dell’originario coro ad andamento quadro di origine gotica (ma sul quale avanzo qualche perplessità di cui discuterò in seguito) e alla torre (a livello almeno del basamento in pietra squadrata ancora visibile e dal chiaro andamento a scarpa).
SECONDA FASE: fine XVII – primo decennio del XVIII secolo, applicabile quasi all’intero complesso, riedificato dal prevosto Persod. Questa fase è perfettamente documentata tanto da datazioni poste sulla guglia del campanile (1699), tanto da architravi di porte (1701-1702), tanto dal portico antistante la Cappella (1710), tanto infine dalla banderuola posta all’innesto della palla reggicroce del campanile, recante le armi del prevosto Persod, ripetute nella piastra da camino, oggi murata nel refettorio principale, che affianca all’insegna la data del 1706. TERZA FASE: seconda metà del XX secolo, ampiamente documentata, corrispondente ai grandi lavori di ristrutturazione del complesso, con inserimento dei servizi primari e secondari, aggiunta del corpo a levante, che si affianca a quello già esistente (lo stipite della nuova porta reca la data 1961), trasformazione del rustico a settentrione in moderno corpo per ritiri spirituali, chiusura delle aperture del “chiostro” con vetrate.
Tratto da “Il Priorato di Saint-Pierre” Devoti Chiara- Tipografia Valdostana 1999
“Vers l’année 1896, était née à Saint-Pierre, poussée par l’action de l’avocat César Chabloz, syndic d’Aoste, et de Napoléon Bich, Président du Comice Agricole, une Caisse rurale, laquelle, en opposition à la presque totalité des autres Caisses, s’inspirait à la morale laique, ne posant pas de limites de confession religieuse à ses adherents. D’elle on ne possède pas beaucoup de données. Les seules nouvelles de son existence et de son agir nous viennent de la presse locale. Dans une société fortement dominée par le clergé, comme l’était celle valdôtaine de la fin de 1800, cette Caisse eut des difficultés à surgir et rencontra certainement beaucoup d’hostilité, comme on peut déduire du compte rendu da sa première Assemblée générale, signé par un certain B.E. (Borney Emanuell), envoyé au directeur de l’hebdomadaire anticlérical Mont-Blanc, Edouard Duc, et publié sur le n.3, su 15 janvier 1897, que je rapporte: “Malgré les souhaits plus ou moins souriants qu’on a voulu faire à notre Caisse rurale, malgré la lutte acharnée qu’on lui a faite et malgré l’anathème que des personnes lui ont lancé, malgré les flots d’éloquence débordés contre elle, malgré les insinuations malveillantes de certaines personnes, la pauvre Caisse rurale de Saint-Pierre a pu venir à la lumière. On avait fait abstraction de toute confession religieuse en faisant reposer la moralité de la Caisse sur la solvabilité et l’honnêteté de ses membres; à ce principe se rangèrent 18 individus de bonne volonté, les quels pour l’unique fait de vouloir favoriser le progrès économique du pays en laissant de côté tout esprit de parti et toute idée politique, furent jugés et condamnés ensemble avec l’institution qui les avait perdus. Mais les faits ne permirent pas que leur sentence put être exécutée, car la Caissse rurale de St-Pierre compte maintenant 60 associés, et il résulte aussi que son fonctionnement est parfait sous tous les rapports […] Toutefois, entre 1900 et 1903, il a du se vérifier à l’intérieur de la Caisse un certain changement d’orientation politique, avec une certaine perte de tension libérale et un ralentissement de l’esprit anticlérical, si le Conseil de la Caisse jugea opportun de publier un avis de convocation de l’Assemblée des sociétares (le troisième trouvé) sur l’hebdomadaire de l’Eveché, Le Duché d’Aoste, n.9, du 4 mars 1903”.
Tratto da Solidarité et Subsidiarité en Vallée d’Aoste une symbiose séculaire. – Fondazione Comunitaria Valle d’Aosta onlus-Association Valdoytaines Archives Sonores - 2013
Gli aspetti di carattere geomorfologico legati al glacialismo “permettono di ipotizzare che in Valle d’Aosta non sia possibile rinvenire segni del passaggio dell’uomo in un momento precedente all’ultima glaciazione ovvero prima di 23.000 anni fa. Rimane da dimostrare, al contrario, se gruppi umani, riferibili a un momento finale del Paleolitico Superiore (circa 13.000 anni fa), abbiano lasciato tracce sul territorio valdostano, magari in corrispondenza dei ripari sottoroccia del fondovalle. Al momento, le più antiche attestazioni della presenza umana in Valle d’Aosta sono rappresentate da manufatti in cristallo di rocca (quarzo ialino), provenienti dal comprensorio del Mont Fallère (Saint-Pierre) e riferibili a gruppi di cacciatori-raccoglitori mesolitici.” Il Mesolitico costituisce il primo periodo dell’Olocene tra il Paleolitico superiore e il Neolitico (tra i 10mila e i 6.500 anni fa); il termine si afferma agli inizi del ‘900 ed è composto dalla parola mesos = in mezzo e lithos = pietra e quindi significa: Età della Pietra di mezzo. Il Mesolitico identifica il periodo della Preistoria in cui si verificano importanti mutamenti climatici, per cui gli ultimi gruppi di cacciatori-raccoglitori si adattano a nuove condizioni di vita. “L’uomo continua a praticare la caccia, ora rivolta ad animali di taglia più piccola: cervi, caprioli e cinghiali in ambiente cespugliato e di sottobosco di media quota; camosci, stambecchi e marmotte nei pianori ad alta quota; pesci, molluschi e tartarughe d’acqua in ambiente lacustre e palustre. […] Il sito MF1 (Raiteri, 2017), a cui si riferisce la frequentazione mesolitica, rinvenuto occasionalmente nel 1998 e localizzato su una dorsale caratterizzata da un orientamento N-S, si affaccia verso Est direttamente sull’incisione del ramo orientale del torrente Verrogne. I materiali archeologici provenienti dalle raccolte di superficie (1998 e 2005) risultavano distribuiti sulla parte sommitale della dorsale, per circa 1.000 m2. Lo scavo archeologico e lo studio sedimentologico condotto contestualmente, hanno consentito di fare luce sulla genesi del deposito dal quale tali manufatti provengono e di recuperare evidenze utili alla comprensione delle dinamiche insediative dell’area. Livelli, riferibili alla sistemazione dell’area da parte dell’uomo a scopo abitativo, risultavano sepolti da una serie di depositi colluviali direttamente sottostanti il manto erboso. Dall’analisi stratigrafica appare evidente che gran parte dei manufatti litici, prevalentemente su cristallo di rocca e tipologicamente riferibili al Mesolitico antico (Sauveterriano), rinvenuti negli strati colluviali superficiali, sono da considerarsi in giacitura secondaria ovvero in una posizione diversa rispetto al luogo dove i gruppi mesolitici li hanno abbandonati. Le caratteristiche principali dell’industria litica del sito MF1 ossia dei manufatti ricavati dalle operazioni di scheggiatura del cristallo di rocca (dominanza dei frammenti a dorso con ritocco profondo, seguiti da troncature, punte a dorso, dorsi e troncature e triangoli scaleni) trovano riscontro in quelle di altri siti sauveterriani d’alta quota di ambito alpino. Per quanto riguarda il territorio italiano l’unico sito del settore alpino nord-occidentale, confrontabile con il sito MF1 e riferibile a una fase antica del Mesolitico, è quello di Cianciàvero nella conca di Alpe Veglia (alta Val d’Ossola) (Fontana et al., 2000; Guerreschi, 2002; Di Maio, 2006) i cui materiali sono per la maggior parte in quarzo ialino e risultano tipologicamente affini a quelli del sito valdostano.”.
Estratto da “Preistoria di una vallata alpina – La Valle d’Aosta nel contesto delle Alpi nord-occidentali” L. Raiteri – in Bulletin d’Etude préhistoriques et archéologiques alpines – Société Valdôtaine de Préhistoire et d’Archéologie- 50ème anniversaire de la Société 1967 – 2017 – XXVIII AOSTE 2017
Se il settore fondamentale dell’economia valdostana rimane, per tutto l’Ottocento, l’agricoltura le strabilianti modernizzazioni avvenute a fine secolo, di cui il treno e le strade carrozzabili sono tra gli aspetti più rilevanti, determinano il rilancio dell’attività mineraria e della piccola industria, ma anche la comparsa di un fenomeno totalmente nuovo in Valle d’Aosta, dei grandi stabilimenti industriali. La prima fabbrica italiana di alluminio fu costruita nel 1906 a Bussi (Bussi sul Tirino nella provincia di Pescara) dalla Società Italiana per la fabbricazione dell’alluminio. Nel 1917 fu costruita sempre dalla Soc. dell’Alluminio italiano una seconda fabbrica a Villeneuve che, nel dopoguerra, fu poi trasferita a Borgofranco. La localizzazione degli impianti nella Valle d’Aosta era stata determinata dalla possibilità di utilizzazione di salti d’acqua per la produzione di energia elettrica a basso costo, elemento determinante nella riduzione elettrolitica dell’allumina. Da una nota del 9 novembre 1917 indirizzata all’allora Sindaco di Saint-Pierre dalla Società dell’Alluminio italiano (Anonima Sede Sociale in Torino – capitale lire 20.000.000 versato) è possibile risalire all’entità complessiva del personale residente nel Comune di Saint-Pierre che prestava la propria attività lavorativa nello stabilimento di Villeneuve. Il personale in servizio ammontava a complessive 104 unità, di cui 3 addetti a compiti amministrativi, 6 capi servizio e assistenti, 95 operai. Nel prospetto riepilogativo allegato veniva altresì fornito il numero, pari a 106, dei membri che componevano le famiglie dei lavoratori dello stabilimento.
“Rassegna dei principali rami dell’industria italiana- Condizioni attuali e prospettive” “https://legislature.camera.it/_dati/costituente/documenti/ministerocostituente/p7_Vol2-1_2.pdf e “La storia della Valle d’Aosta” E. Riccarand – Musumeci editore 2015. Archivio comunale: Nota 9 novembre 1917 Società dell’Allum
SAINT-PIERRE
S’étageant sur le roc, l’église et le château
Qui dominent sérieux le bourg et le village
Découpent dans le ciel d’azur et de nuages
L’une son vieux clocher, l’autre ses vieux créneaux.
Ensemble solennel de force et de douceur
Séculaires témoins de la paisible histoire
D’une race fidèle aux rives de la Doire,
L’église et le chateau veillent parmi les fleurs
Bourgade parfumée, paturages heureux,
Prieuré qui le soir rêve mystérieux
Dans les champs lourds de blés et d’herbes frissonnantes,
Et puis, sur le fond pur du sublime tableau,
Se détache légère et claire comme l’eau
La Grivola, du bourg incomparable amante.
St.Pierre, 29 Juin 1951 - Edmond Trentaz “Murmures de la Doire” Poésies 1950-1951 – ITLA Aoste
IL CASTELLO DI SAINT-PIERRE:
I primi insediamenti
La storia delle origini e dell’evoluzione del castello di Saint-Pierre è molto complessa: attestata da rilievi archeologici e antichi documenti anche legati a successioni. Il nobile Albert de Sancto Petro è il primo personaggio di questa famiglia di cui si ha conoscenza, fu testimone in un atto di “reconoissances” del 1095. Nella carta delle franchigie del 1191 “Thomas maurianensis comes et in Italia marchio” (Tommaso I di Savoia conte di Maurienne e marchese in Italia) giura, assieme a 31 membri dell’aristocrazia «i miei baroni», il cui elenco è in calce al documento, di mettere sotto la sua protezione tutte le persone, e concede agevolazioni di carattere economico-fiscale; tra questi membri influenti della nobiltà valdostana sono citati “fratres de Castro Sancti Petri Ardutio et Guilencus” gli unici citati con l’appellativo di “de Castro”, è verosimile che in quel periodo, per ospitare i signori, esistessero degli edifici più o meno fortificati, che si trasformeranno, nel corso dei secoli, nel maniero come lo vediamo attualmente e che sia nato in forma di castello primitivo di montagna in date imprecisate tra il X e l’inizio del XI secolo. Gli scavi e le indagini archeologiche hanno rivelato sulla sommità della rupe la presenza di due spazi abitativi in pietrame e in legno risalenti alla fase insediativa del X secolo: l’edificio più antico di circa 4 metri per 2, con presenza di un focolare con accanto una lastra per la cottura a riverbero dei cibi e una traccia di una fossa interpretabile come probabile silos per la conservazione delle derrate; e un successivo edifico di circa 8 metri per 6 (interni) con due focolari divisi da una tramezza.(continua…).
Storia a puntate del castello di Saint-Pierre a cura di Franco Tournoud
Nascita del castello
La fase dell’incastellamento (attività insediative che diventano strutture fortificate) dell’XI secolo è caratterizzata dall’esistenza dell’aula o sala domini, dalla scalinata di dodici gradini in pietra intagliata nella roccia, utilizzata fino a tutto il XIII secolo, e dall’edificio in materiale deperibile. Alle strutture dell’XI secolo si sovrappone successivamente la torre quadrangolare del XII – XIII secolo e quindi si può ipotizzare la nascita di un castello con una conformazione già pienamente strutturata. La costruzione di questa torre è stata attribuita tramite analisi dendrocronologiche e C14 a date comprese tra il 1175 e il 1275. Inoltre sono edificati altri importanti corpi di fabbrica sul fronte meridionale, l’edificio in muratura è separato in due blocchi e doveva svilupparsi su più piani con lo spazio interno articolato in più ambienti; verosimilmente allo stesso periodo risale la costruzione di una piccola cappella. Sono stati ritrovati, appartenenti a questa epoca: un frammento di ceramica e una punta di freccia per arco a foglia piatta in uso fino al XV – XVI secolo, tipologie di simili punte di freccia sono definite di tipo arcaico e attribuite al XI – XII secolo, l’ampiezza della foglia presuppone un impiego per la caccia di animali di grossa taglia o per scontri con altre milizie. (continua…).
Storia a puntate del castello di Saint-Pierre a cura di Franco Tournoud